Albania in autostop: tra riunioni di famiglia e mafiosi che puliscono case

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In Albania, viaggiare in autostop è una pratica abbastanza comune: tra i paesini e le città più piccole i trasporti pubblici sono sporadici e gli albanesi spesso aiutano volentieri stranieri che elemosinano passaggi per strada.

Confrontandoci con autoctoni e altri viandanti che abbiamo incrociato nel corso delle nostre peregrinazioni, abbiamo quindi stabilito che l’autostop fosse un’opzione di trasporto ragionevolmente sicura laddove non arrivava il potere dei mezzi pubblici.

Questa pagina di diario di viaggio è dedicata ai nostri incontri del terzo tipo con gente di tutti i generi in quel bellissimo paese che è l’Albania, in autostop.

viaggio albania in autostop

I poliglotti

Il nostro debutto da autostoppiste nei Balcani in realtà è avvenuto poco prima di attraversare il confine tra Macedonia del Nord e Albania, quando, perse tra i sentieri sul retro del celeberrimo monastero di Naum e dopo aver ricevuto indicazioni diverse da almeno tre creature umane e due canine, ci siamo ritrovate su una strada asfaltata presumibilmente a cavallo tra i due paesi.

Mossa a pietà dalla nostra visibile confusione, si è fermata una giovane coppia di Tirana diretta verso casa. Lei parlava italiano e francese perfetti, lui un buon inglese e, se la memoria non mi inganna, turco. Niente tartarughese, ma come biasimarli. Hanno offerto di portarci fino a Korçë (Corizza in italiano), la cittadina di discrete dimensioni più vicina, non senza prima comprare della frutta locale perché la assaggiassimo, fare una sosta per passeggiare un pochino in un parco in riva al fiume, trovarci un ostello per dormire la notte successiva e lasciarci davanti alla sua porta perché non dovessimo camminare più di 3 cm con lo zaino.

Il tassista mascherato

Il tassista mascherato ci ha accolte sul suo sfavillante catorcio giallo del 1800 con un sorriso gioviale, rispondendo un po’ evasivamente alla domanda sul carattere gratuito della corsa. Seduta al suo fianco c’era una signora loquace con cui stava facendo un discorso assai divertente, a giudicare dalle grasse risate di entrambi. Abbiamo pensato quindi che il buon uomo non fosse in servizio e ci siamo accomodate sullo sgangherato sedile posteriore, se non che, una decina di chilometri più avanti, quando gli abbiamo fatto notare in non so bene che lingua che pensavamo ci avesse raccolto per buon cuore e non denaro, si è accigliato di colpo e ha iniziato a sbraitare in modo piuttosto aggressivo. Gli abbiamo pagato la corsa a orecchie basse e ce la siamo filata con la coda tra le gambe. E abbiamo imparato che non ci si può mai fidare dei tassisti!

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Il tifoso impassibile

Abbiamo approcciato il tifoso a una stazione di servizio e non sembrava per niente contento di vederci. Dico sembrava perché il baldo uomo aveva l’espressione meno plastica che io abbia mai visto, impassibile come un blocco di cemento in ogni momento della conversazione. Greco e fan sfegatato dell’AEK di Atene, stava tornando dalla sua famiglia nella casa estiva che possiedono nelle campagne albanesi non molto lontano da Përmet. Ci ha lasciato senza tante cerimonie su un marciapiede sotto il sole a strapiombo, ma in fondo so che per 10 minuti gli abbiamo tenuto più compagnia di quanto non avessero fatto i suoi baffi fino a lì.

L’insegnante di matematica

L’insegnante di matematica aveva una macchina modesta a quattro posti, con suo figlio sul sedile posteriore e vari oggetti sparpagliati accanto. Nei suoi panni, probabilmente non mi sarei fermata. Eppure, lui ha accostato con gli occhi brillanti e ci ha invitate a salire, facendo spazio a umana, tartaruga e zaino. Il maestro di matematica capiva bene l’italiano perché in Albania fino a non molti anni fa arrivava solo la televisione italiana. Ci ha raccontato della sua vita di insegnante, delle difficoltà dell’Albania di pochi anni prima, di come stia crescendo suo figlio disabile da solo e che lo stava giusto portando al fiume a giocare. Anche se la sua destinazione era abbastanza vicina a dove ci aveva raccolto, ha deciso di portarci un po’ più avanti, fino al bivio grande dove “senz’altro avremmo trovato qualcuno che ci conducesse a destinazione“. La sua gentilezza e il suo tono docile, mai rassegnato né venato di commiserazione mi hanno solleticato i canalini lacrimali per la gratitudine mentre sono rimasta a guardarlo allontanarsi. Faleminderit, amico a cui non ho chiesto neppure il nome.

Il millennial taciturno

Il millennial taciturno dalle fattezze anonime ascoltava della musica anonima a basso volume nel suo veicolo anonimo e asettico. Avrà avuto più o meno una trentina d’anni e non parlava lingue di nostra conoscenza, cosa che ha reso la comunicazione un po’ difficoltosa, soprattutto considerando la poca loquacità dell’umana. In un silenzio imbarazzato che ben presto si è disteso in scomoda indifferenza, il giovane ci ha lasciate a destinazione, appena fuori dal centro storico di Gjirokastër, con un abbozzo di sorriso che sapevo esser dovuto a scarse capacità sociali, non a maleducazione. La vita degli autostoppisti e dei guidatori introversi è difficile.

gjirokaster albania autostop

Il mafioso molesto: pulisco case, compro mogli e vendo AK-47

Il mafioso molesto ci ha raccolte nel centro di Himarë con la sua Audi nera extra-lusso con guida a destra e finestrini oscurati. Ben toelettato e con un paio di grandi occhiali da sole, indossava una camicia azzurrina a maniche corte e sembrava piuttosto basso di statura. Non abbiamo fatto in tempo a salire sul suo opulento veicolo dagli interni color crema che l’uomo ha attaccato a parlare e non si sarebbe spento più per le due ore successive. Magno gaudio! Oppure no.

Secondo la bizzarra regola umana per cui più segreti hai, più senti l’irrefrenabile e incomprensibile impulso di raccontarli in giro a destra e a manca letteralmente alla prima persona che passa per strada, ci ha spiegato senza traccia di qualsivoglia sentimento che era diretto a Tirana dove un suo familiare aveva avuto un infarto. Normalmente, però, vive in Inghilterra, a Birmingham, dove ha un’impresa di pulizie che ha ingrandito con fatica e sudore della fronte nel corso degli anni.

Nell’apprendere la cittadinanza d’origine dell’umana, si è lanciato poi in una filippica su come tutte le italiane siano poco di buono che fumano, si drogano e vivono a spese altrui. E lui lo sa, perché un’italiana l’ha sposata! Non farti strane idee però, la sua vera ragazza è albanese, all’italiana ha dato 10.000 euro perché lo sposasse e potesse ottenere un prolungamento del visto/residenza/nonsoche dell’UE e rimanere in Inghilterra. [Tutto questo pre-Brexit, pover’uomo beffato dal destino e dai suoi magheggi illegali.] Sembra una barzelletta, lo so, ma non lo è.
Convinto delle sue affermazioni, ha continuato con ostinazione a chiedere “dai, cosa fumi?” e “quanto costa la droga X o la droga Y nel tuo paese“, sordo alle rimostranze dell’umana che all’alba dei suoi 30 anni non aveva mai neanche fumato una sigaretta.

Non contento, però, ha spostato poi la conversazione sul tema lavorativo, esclamando ben presto che lui non accetterebbe MAI E POI MAI di vivere con uno stipendio così basso, che non vale la pena. A questo punto, quindi, le ha già dato della drogata, opportunista, poraccia, plebea senza ambizioni e non siamo neanche a metà strada.

Ora, devi sapere che l’umana in generale ha un atteggiamento piuttosto gentile e amichevole con la gente, complice anche quel mezzo sorriso che ha sempre stampato in faccia anche a riposo in una sorta di rest smiling face, che ciascuno si prende la libertà di interpretare come più gli conviene. In occasioni in cui sta perdendo la pazienza, il sorrisetto assume delle tinte sardoniche e negli occhi le si legge un chiaro “ti odio dal profondo del cuore, ma non sono in grado di dirtelo a voce, quindi mi limiterò a trafiggerti con lo sguardo sperando che ti faccia prendere fuoco“. A Vlorë, l’astiometro ha raggiunto livelli pericolosamente alti, ma è risaputo che la via per mitigare la rabbia umana passa per lo stomaco e fortunatamente il bipede individuo ha avuto il buon senso di offrire alla mia umana un gelato gigante sul lungomare.

La seconda parte del viaggio è stata più tranquilla, con il nostro amico impegnato in chiamate losche (ovviamente in vivavoce) in un mix tra inglese e albanese alla Peaky Blinders dei giorni nostri [e l’ho già detto che il tipo vive a BIRMINGHAM?]. All’umana è stato concesso persino il “piacere” di parlare al telefono con “l’Italiano” in una conversazione surreale in cui quest’ultimo sosteneva con tono strafottente che “non sembra proprio italiana dall’accento“. Dopotutto, bugiarda millantatrice mancava al parco insulti del giorno.

Siamo scese dal veicolo al bivio di una superstrada, mentre il nostro mafioso era impegnato a urlare contro a qualcuno al telefono per questioni di denaro. La ciliegina sulla torta, però, è stato il momento in cui ci ha offerto di acquistare un AK-47 (o kalasnikov per gli amici) a un prezzo di favore: dopotutto, con la nostra rischiosa vita da barbone tossicodipendenti un’arma di basso profilo per difenderci dai cattivi o rapinare le banche è a dir poco necessaria. Sipario.

albania mare dhermi albania mare himare

 

 

 

 

 

 

 

Il grande mafioso gentile

Scese da quell’auto, l’intera vicenda sembrava già alquanto surreale, quindi immagina il nostro stupore nello scoprire che il veicolo fermatosi solo una manciata di minuti dopo era nientepopodimeno che un’altra Audi gigante, con guida a destra, e un omone tatuato con catene dorate al collo che sembrava uscito da un video rap dei primi anni 2000. Dopo l’esperienza appena passata, l’unica cosa che ci ha convinto a salire è stata la presenza nel sedile accanto al guidatore di un signore anziano dall’aspetto fragile.

Anche il nostro nuovo mafioso, di cui non ricordo la professione fittizia, guarda un po’ i casi della vita, viveva a Birmingham ed era in Albania a trovare la sua famiglia. Le domande si ripetono – di dove sei, cosa fai, dove vai, un fiorino – ma questa volta per fortuna non siamo state bullizzate. Il viaggio fino a Berat è proseguito liscio come una canna di fucile ben oleata e il buon uomo ci ha accompagnate fino al limitare della città vecchia, ha scelto un ristorante, ha fatto ordinare all’umana ciò che voleva, ha pagato e se n’è andato insieme al suo compare (che alla fine era suo papà), augurandoci buona fortuna. Non so se sia pura generosità o se gli abbiamo fatto pietà, ma pranzare a spese altrui senza doverci preoccupare di eventuali secondi fini dello sconosciuto è una sensazione bellissima!

albania berat autostop

La famiglia caciarotta

La famiglia caciarotta, composta da un numero spropositato di persone tra zie, nonne, genitori, figli, cugini ed esemplari non meglio identificati, ci ha offerto spontaneamente un passaggio in un luogo bellissimo tra le montagne dove non pensavamo le macchine normali potessero quasi arrivare.

La maggior parte delle persone raggiunge il Syri i Kaltër vicino a Theth in 4×4, ma a noi piace fare le cose in modo avventuroso e ci siamo inoltrate tra i sentieri a piedi. Quando l’allegra combriccola ci ha raggiunto nell’unico tratto polveroso e secco in cui la strada si interseca col sentiero, non mancava molto all’arrivo, ma erano tutti così entusiasti di averci con loro che non abbiamo saputo rifiutare.

Salite sul veicolo cigolante probabilmente non adatto al terreno, siamo giunte alla spettacolare meraviglia naturale che è il Syri i Kaltër, l’occhio blu. Dopo le foto di rito, la mamma-capo ha ordinato tutto il cibo presente sul menù del chioschetto lì a fianco in quantità pantagrueliche e siamo state di fatto adottate come membri onorari da mettere all’ingrasso. Seppur senza capire il 90% di ciò che stava succedendo, gozzovigliare insieme a loro è stata un’esperienza bellissima e ci siamo sentite come a casa durante il cenone di Natale. Poi ci hanno riportato indietro fino in paese al ritorno, raccomandandoci di tornare presto a trovarli.

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albania in autostop

 

 

 

 

 

 

 

 

Le altre tratte le abbiamo fatte in bus, assaporando la gioia del noioso privilegio di non dover intrattenere conversazioni con nessuno, elemento comunque essenziale per noi creature introverse. Mi piace l’autostop come esercizio di osservazione antropologica, gli esemplari con cui ho occasione di relazionarmi non cessano mai di stupirmi e alimentano la mia curiosità nei confronti della vostra specie. Ciononostante, è innegabile che per gli esemplari di sesso femminile o che si identificano come tali ci sia sempre una certa percentuale di rischio, perciò… autostop sì, ma responsabilmente. E se qualcuno cerca di venderti un fucile, ricorda che la risposta giusta è probabilmente “no, grazie”.

Comunque, l’Albania è bellissima e merita una visita (o due, o tre) con qualsiasi mezzo di trasporto. In arrivo nei prossimi giorni un itinerario completo tra mari, monti, fiumi e cittadine storiche, adattabile a tutti i gusti 🙂

Buona avventura,

Matilda

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