Questo articolo narra le mie personali avventure insieme all’umana durante il trekking del Circuito W del Parco nazionale di Torres del Paine, nella Patagonia cilena. Ci sarà solo una spolverata di dettagli pratici, ma per la guida completa all’organizzazione del trekking in solitaria, leggi invece questo articolo.
Come non organizzare e preparare il trekking di Torres del Paine, ovvero un inizio difficile
Sfrecciamo lungo la strada sterrata che dal borgo silente di Cerro Castillo, al confine con l’Argentina, si addentra nel parco nazionale di Torres del Paine, probabilmente IL parco più famoso della Patagonia intera. Partite prima del sorgere del sole con quello che ci sembrava largo anticipo, il tragitto diventa una gara ansiogena alla Fast and Furious contro il tempo, perché – viva la tecnologia – il telefono dell’umana ha cambiato erroneamente l’ora automaticamente, quindi siamo un’ora in ritardo rispetto alla nostra tabella di marcia, nonché rispetto alla tabella di marcia dell’unico autobus che conduce all’unica corsa giornaliera dell’unico traghetto che porta all’inizio del sentiero che abbiamo intenzione di percorrere nei prossimi giorni e per cui abbiamo già prenotato tutti i campeggi.
[Disclaimer: la prenotazione è obbligatoria altrimenti non avremmo MAI preso una decisione così definitiva e superflua come la prenotazione di un campeggio].

Arriviamo al punto di controllo dei biglietti insieme all’autobus che dovremmo prendere. Dopo aver chiesto all’autista di suddetto mezzo di aspettarci un momento, l’umana si fionda dalla guardia forestale a chiedere di poter lasciare la macchina per 4 giorni e poi vengo tirata senza tante cerimonie dentro a uno zaino dove iniziano a crollarmi addosso cibo a caso, vestiti a caso, un materassino, un asciugamano e qualche altro oggetto non meglio identificato.
Una persona normale, sapendo che sarebbe stata via per 4 giorni in tenda, avrebbe preparato con un minimo di cura lo zaino la sera prima… ma non la mia umana! Scopriremo più tardi che tra le cose dimenticate nella foga del momento ci sarebbero state – solo per citarne alcune – la borraccia d’acqua (chi ha bisogno di bere acqua durante un trekking di vari giorni?!), le ciabatte e il fornelletto da campo. Dal rombo assordante del motore del bus e dallo sballottamento violento a cui vengo sottoposta come se fossi un volgare oggetto qualunque, capisco che siamo riuscite a salire sul tanto anelato autobus. Poco dopo vengo estratta da quell’orribile bolla scura di caos per godermi il paesaggio che si dipana fuori dal finestrino.
Costo del biglietto di entrata al parco: 49 USD
Costo del bus: 2-3 USD al massimo da Laguna Amarga al traghetto
Costo del parcheggio fuori dall’edificio dei ranger: gratis
Costo mentale e fisico della corsa contro il tempo e contro l’autobus: notevole
Umiliazione per essere finita in fondo a uno zaino: 100/100
Il traghetto partirà alle 10 in punto dall’attracco sul lago Pehoé. Per un tragitto di meno di un’ora, 35 dollari di biglietto sembrano una cifra esagerata, ma tutto all’interno di questo parco lo è. Il biglietto si compra direttamente sulla barca, solo in contanti, e non è possibile prenotarlo in anticipo. La traversata sul lago dà già una buona idea della maestosità dei paesaggi a venire, ma è solo un aperitivo.

Giorno 1 del Circuito W: Paine Grande - Glaciar Grey - Paine Grande (23-24km)
Lo sbarco del traghetto avviene quasi di fronte al primo accampamento/campeggio/rifugio: Paine Grande. Visto che per mantenere i costi contenuti faremo un trekking express di 4 giorni e 3 notti, ci aspetta oggi una camminata andata e ritorno fino al rifugio e al ghiacciaio Grey, per un totale di circa 23-24 km. Abbandoniamo rapidamente i nostri pochi e per lo più inutili averi in campeggio (a che ti serve una minestra in polvere senza un fornelletto su cui scaldarla?) e iniziamo la salita.
Il vento minaccia di portarmi via il cappello numerose volte e all’occorrenza siamo costrette ad accovacciarci dietro qualche roccia per evitare che le raffiche ci spingano verso l’infinito e oltre, ossia il burrone più vicino. Le cime innevate, il ghiacciaio in lontananza e i colori autunnali saranno una costante lungo tutto il sentiero odierno e anche nei giorni a venire. Leggere come piume rispetto a chi deve fare questo tratto con lo zaino in spalla, sorpassiamo abilmente chiunque e raggiungiamo il belvedere del ghiacciaio Grey in tempo per goderci il panorama e mangiarci dei tristi biscotti in perfetta solitudine.


Siamo letteralmente a pochi centimetri da pezzi di ghiaccio fluttuante staccatisi dal ghiacciaio Grey, considerato la porta sul Campo di ghiaccio sud, una massa gigante di ghiaccio continentale che ricopre l’ultima parte della cordigliera delle Ande nella sua estremità meridionale. I pezzi di ghiaccio, nonostante la bellezza agghiacciante delle loro sfumature di bianco e azzurro, sono la prova reale di un problema molto grave dovuto alla crisi climatica: lo scioglimento di questi ultimi baluardi di ghiaccio comporta infatti la perturbazione del ciclo dell’acqua e quindi della distribuzione dell’acqua dolce necessaria per la vita umana e animale su questo pianeta. Se continua a sparire a questa velocità, la prossima generazione di esplorator3 potrebbe non avere nessun ghiacciaio da ammirare quassù.
[Nella foto del pannello informativo, osserva bene quanto si è ridotta la massa di ghiaccio nel corso degli anni]


Iniziamo la discesa di ritorno verso il campeggio 5 minuti prima della chiusura del sentiero e in poco meno di 3 ore siamo di nuovo all’accampamento. Dopo una doccia calda e un triste pasto freddo, ci rifugiamo nel calduccio della nostra tenda.
Le opzioni di alloggio in questi complessi vanno dalla piattaforma per la tenda personale a una tenda singola già montata per te a un dormitorio all’interno del rifugio/ostello, con o senza mezza pensione o pensione completa. Noi abbiamo optato per una via di mezzo: la tenda già montata fornita dal campeggio, che si è rivelata la scelta azzeccata sia per evitare di portare il peso dell’attrezzatura lungo tutti e 100 i km, sia perché dato il vento forte non dover montare la tenda è un grande vantaggio. Nessun rimpianto quindi, nonostante i costi non indifferenti.
Dormire con il vento che ti ulula nelle orecchie non è l’esperienza più rilassante, ma mette in prospettiva quanto sia potente e maestosa la natura rispetto a noi animali. Grazie, robusta tenda rossa, per averci tenute al riparo durante questa notte tempestosa.

Giorno 2 del Circuito W: Paine Grande - Camping Italiano - Mirador Francés - Mirador Britànico - Camping Francés (22km)
Partiamo di buona lena con lo zaino sulle spalle alla volta del camping italiano. Sono 7,5 km di sentiero lungo il lago con qualche passerella e le montagne che ci si stagliano di fronte. L’Italiano in quest’epoca dell’anno (aprile inoltrato) è già chiuso, ma possiamo lasciare il bagaglio spiaggiato nell’apposito scomparto di legno per approcciare la parte interna della W – quella con maggiore dislivello di oggi – senza zavorre inutili.
La salita fino al Mirador Britànico e ritorno è una deviazione di 11 km di parziale difficoltà per via del terreno roccioso nella prima parte e di allegra felicità nella seconda. Il primo belvedere, quello del Valle del Francés, è stato il mio preferito in assoluto per la vista ravvicinata sul ghiacciaio. Abbiamo persino una foto qui, l’unica che abbiamo insieme io e la mia umana, fattaci da un epico duo di amici pensionati inglesi che vivono in due continenti diversi e hanno deciso di condividere un paio di settimane di viaggio insieme qui in Cile.
La magia del Mirador Britànico, invece, è legata alla vista a 360 gradi sulle montagne. Sul cucuzzolo, dove non c’è molto spazio per affollamenti di gente, ci si può sedere su una roccia e ammirare i monti spigolosi e parzialmente innevati tutto intorno! Il nostro poco succulento pranzo avviene proprio quassù, insieme a una siesta a cavallo tra il vento gelido e il calore penetrante del sole. Sulla via del ritorno, per intrattenersi, l’umana decide di registrare un podcast estemporaneo su Whatsapp in itagnolo con tanto di imbarazzanti stacchetti pubblicitari. Forse un giorno vedrà la luce, forse no. Chi può dirlo.


Una volta tornate al camping Italiano, con 19 km già fatti e 2-3 ancora da fare, la prospettiva di riprendere lo zaino pesante non è allettante. Siamo però motivate dalla doccia calda che ci aspetta al prossimo campeggio. Spoiler: la doccia sarà calda, ma fuori farà un freddo barbino, quindi l’effetto finale sarà comunque di brividi sotto il carapace.
Il Camping Francés, uno dei più lontani dall’accesso al parco, è spartano e non particolarmente affascinante: decisamente troppo caro per ciò che offre. Privo di una sala comune degna di tal nome, procediamo a infilarci nella tenda alle 5 del pomeriggio, dove rimarremo fino alla mattina seguente. Sì, l’umana riesce a non andare in bagno per molto tempo, soprattutto se il bagno si trova in fondo a una ripida discesa che dopo una giornata di camminata non ha più alcuna voglia di fare.


Giorno 3 del Circuito W: Camping Francés - Refugio Chileno (18km)
Il terzo giorno prevede il tratto più lungo con lo zaino: circa 18 km. Per me è stato tutto piuttosto agevole, visto che io vengo comodamente trasportata, ma devo dire che anche l’umana si è comportata abbastanza bene. Quest’oggi abbiamo anche camminato su una spiaggia sassosa e ammirato dei mulinelli di nuvole sulla superficie del lago. Dopo aver fiancheggiato il lago, attraversato un ponte sospeso, imboccato un sentiero che sembrava un po’ la via verso Mordor, aiutato una coppia a trovare la madre dispersa, abbiamo percorso gli ultimi chilometri su un crinale a strapiombo sul fiume con un vento così forte da portare via anche i pensieri. L’arrivo al Refugio Chileno è una vittoria e una coccola: la struttura in legno è super accogliente, il personale è super gentile (e non solo perché mi ha regalato un tè che altrimenti sarebbe costato 3 dollari) e la musica di sottofondo è un mix anacronistico tra il Festivalbar e la colonna sonora di Disney Channel dei gloriosi primi anni 2000, epoca che apprezzo per osmosi nonostante non fossi ancora nata.


L’umana è in pigiama alle 4 del pomeriggio e tutto fa presagire una serata tranquilla dentro la nostra tenda con vista panoramica sul fiume, quando – non saprei bene come – ci ritroviamo a una tavolata di gente chiassosa proveniente da ogni angolo del mondo, inclusi i simpatici signori inglesi che detengono il record delle birre bevute in meno tempo. C’è la coppia di dolci dottori inglesi, la saggia coppia danese, la coppia bulgaro-britannica, una coppia di amici statunitensi che hanno caricato due bottiglie di vino nello zaino fino all’ultimo giorno, una ragazza che quasi dà fuoco alla sala con la sua stufetta e una serie di altri pittoreschi personaggi i cui nomi si confondono nella mia memoria. Dopo il pigiama party, ci abbarbichiamo con poco atletismo sulla collina e ci infiliamo a dormire sotto la luce delle stelle.

Giorno 4 del Circuito W: Refugio Chileno - Mirador de las Torres - Refugio Chileno - Entrata del parco
Il quarto e ultimo giorno segnerà il culmine dell’esperienza: finalmente raggiungeremo le torri che danno il nome al parco nazionale. Molte persone normalmente cercano di svegliarsi prima dell’alba per vedere il sorgere del sole sulla laguna alla fine del sentiero, ma l’umana già inciampa da sola in pieno giorno, chiederle di affrontare un sentiero roccioso al buio mi sembrava una cattiveria. Siamo comunque partite relativamente presto, verso le 7.30. Con il senno di poi è stata la scelta corretta, visto che di fronte alle torri all’alba c’è stata una proposta di matrimonio (i due dottori della sera prima) e hanno potuto avere il luogo tutto per sé in quel momento speciale.
L’ultima parte del sentiero è forse quella più difficile per via del terreno friabile – o franabile – ma voltare l’ultima curva e trovarsi davanti le tre torri è stata una grande emozione. Anche senza sole, i tre artigli di granito e il lago azzurro hanno fatto la loro onestissima figura. Dopo le foto di rito e un’arrampicata un po’ rischiosa (e forse proibita) per avere una visuale ancora migliore, restiamo un attimo in contemplazione di questo spettacolo della natura. La Patagonia è davvero un posto meraviglioso.

Quando iniziamo a scendere verso le 11, frotte di turisti della domenica stanno già intasando il sentiero e con la poca modestia che mi caratterizza mi sento bravissima per la scelta del pernottamento tattico così vicino alla cima. La discesa dal rifugio fino al centro informazioni del parco è una volata distruggi-giunture umane, che avremmo fatto con molta più calma se avessimo saputo che avremmo comunque perso l’autobus e il successivo sarebbe arrivato 7 ore dopo.
Nell’attesa abbiamo mangiato una deliziosa pizza surgelata, ciarlato amichevolmente con le altre persone che hanno commesso il nostro stesso errore e deciso di camminare i 7 km extra invece di aspettare il bus. In realtà dopo poco meno di un chilometro, un gentile signore di Seattle in vacanza ci ha caricate e riportate all’entrata, dove Trottola (la macchina) era miracolosamente chiusa e intatta, come l’avevamo lasciata.
Circuito W: conclusioni
Conclusione: l’esperienza è stata assai assai positiva. Considerata la difficoltà relativamente bassa e l’altitudine poco significativa (sempre sotto i 1000 m), la ricompensa paesaggistica è elevatissima. Ho visto un picchio in azione e svariata altra fauna avicola, ma mi è mancato il puma, elusivo predatore di queste latitudini. La prossima volta voglio tornare per fare l’intero circuito O, quello per vere tartarughe temerarie.
Se vuoi venire a fare trekking a Torres del Paine con me, lasciandomi l’organizzazione della logistica, scrivimi! Voglio davvero tornarci. Solo per gente simpatica, amante della montagna e non troppo lagnosa [il primato delle lamentele devo averlo sempre io, è una regola]. La stagione di apertura del parco va da settembre a fine aprile (ottobre-marzo per il circuito O, più lungo e arduo).
Per una spiegazione dettagliata di prenotazioni, costi, tratte, tipi di circuiti, cosa portare e compagnia bella, leggi la mia guida scritta e aggiornata con tanto amore e dedizione.

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